Iperinsulinemia: La Minaccia Silenziosa che Precede il Diabete


🧬 Iperinsulinemia: Cos’è, Sintomi, Cause e Come Intervenire

Molti credono che il diabete inizi con la glicemia alta. In realtà, prima che la glicemia si alteri, può svilupparsi una condizione spesso sottovalutata ma fondamentale: l’iperinsulinemia.

🔎 Cos’è l’Iperinsulinemia?

L’iperinsulinemia è una condizione in cui i livelli di insulina nel sangue sono più alti del normale. Spesso è una risposta compensatoria alla resistenza insulinica, ed è strettamente legata a:

  • Prediabete
  • Sindrome metabolica
  • Diabete di tipo 2
  • PCOS (sindrome dell’ovaio policistico)

L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas che regola la glicemia facilitando l’ingresso del glucosio nelle cellule. Quando le cellule diventano meno sensibili all’insulina (insulino-resistenza), il corpo reagisce producendo sempre più insulina per ottenere lo stesso effetto. Da qui nasce l’iperinsulinemia.


🚨 Segni e Sintomi dell’Iperinsulinemia

I segni visibili possono comparire anche in giovane età:

  • Acanthosis nigricans: macchie scure e ispessite su collo, ascelle o inguine
  • Fibromi penduli: sono piccole escrescenze cutanee, soprattutto sul collo
  • Acne persistente
  • Irsutismo (nelle donne): eccesso di peli in zone tipicamente maschili

Sintomi più comuni:

  • Stanchezza cronica
  • Fame continua, anche dopo i pasti
  • Debolezza o capogiri post-prandiali
  • Tremori e sudorazione (segni di ipoglicemia reattiva)

🎯 Chi è a Rischio?

I fattori di rischio principali includono:

  • Sovrappeso o obesità
  • Familiarità con il diabete di tipo 2
  • Sedentarietà
  • Dieta ricca di zuccheri e carboidrati raffinati

🔬 Diagnosi dell’Iperinsulinemia

Questa condizione non viene diagnosticata dai normali esami della glicemia. Servono test specifici:

Esami utili:

  • Insulinemia a digiuno
  • Curva glicemica e insulinemica (OGTT 75g)
  • HOMA-IR (indice di insulino-resistenza)
  • Profilo lipidico, transaminasi, acido urico

Valori indicativi:

  • Insulina a digiuno > 10–12 μU/ml (può variare in base al laboratorio)
  • HOMA-IR > 2,5–3 indica insulino-resistenza

🧩 Condizioni Associate

L’iperinsulinemia è spesso correlata a:

  • Diabete di tipo 2
  • Sindrome metabolica
  • PCOS (sindrome dell’ovaio policistico)
  • Ipertensione
  • Steatosi epatica non alcolica (fegato grasso)
  • Dislipidemie

🍽️ Alimentazione per Contrastare l’Iperinsulinemia

La terapia dietetica è la prima linea di intervento per ridurre l’insulina e migliorare la sensibilità delle cellule.

Obiettivi nutrizionali:

  • Ridurre il carico insulinico dei pasti
  • Stabilizzare la glicemia
  • Favorire la perdita di peso (se necessario)
  • Migliorare la risposta insulinica

🧠 Ascolta il Tuo Corpo

Hai notato fame continua, stanchezza inspiegabile, acne ostinata o macchie scure sulla pelle?

Potrebbero essere segnali di iperinsulinemia.


✅ Non aspettare che la glicemia salga.

➡️ Parla con un professionista della salute per eseguire i test adeguati e impostare un piano di prevenzione personalizzato.


🛡️ La prevenzione è la miglior cura. Inizia oggi.

DIETA Low FODMAP


Dieta Low FODMAP: Cos’è, A Chi Serve e Come Funziona

Negli ultimi anni si è parlato sempre più spesso della dieta low FODMAP, una strategia alimentare nata in ambito clinico, ma ormai diffusa anche tra chi desidera migliorare il proprio benessere intestinale. Ma di cosa si tratta esattamente? A chi è rivolta? E come si struttura?

🔬 Cos’è la dieta Low FODMAP?

La sigla FODMAP sta per Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides And Polyols — ovvero carboidrati a catena corta poco assorbibili dall’intestino tenue. Questi zuccheri, quando ingeriti, vengono facilmente fermentati dai batteri intestinali, producendo gas e richiamando acqua nel colon.

Il risultato? In soggetti predisposti, questi meccanismi possono causare gonfiore, dolore addominale, meteorismo, alterazioni dell’alvo (diarrea o stitichezza) — sintomi tipici della sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e di altri disturbi funzionali intestinali.

👥 A chi è indicata?

La dieta low FODMAP è particolarmente indicata per:

  • Persone con IBS (Sindrome dell’Intestino Irritabile) diagnosticata;
  • Soggetti con disturbi gastrointestinali funzionali, come gonfiore persistente, digestione lenta o disbiosi;
  • Alcuni casi di SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth), previo parere medico;
  • Pazienti che lamentano disturbi intestinali cronici non spiegabili da patologie organiche.

⚠️ Attenzione: Non è una dieta da seguire per perdere peso, né va improvvisata. È importante affrontarla con il supporto di un nutrizionista o di un professionista sanitario esperto in disturbi gastrointestinali.


🛠️ Come funziona: le 3 fasi della dieta Low FODMAP

La dieta low FODMAP non è una dieta “per sempre”, ma una strategia temporanea e strutturata in 3 fasi ben precise:

1. Fase di Eliminazione (2-6 settimane)

Si escludono tutti gli alimenti ad alto contenuto di FODMAP. L’obiettivo è ridurre i sintomi e “resettare” l’intestino. Tra gli alimenti esclusi troviamo:

  • Legumi
  • Latticini con lattosio
  • Alcune verdure (cipolla, aglio, cavolfiori, porri)
  • Frutta come mele, pere, mango
  • Dolcificanti come sorbitolo, mannitolo e xilitolo

In questa fase, la dieta può sembrare restrittiva, ma è fondamentale per comprendere la reale sensibilità ai FODMAP.

2. Fase di Reintroduzione (6-10 settimane)

Si reintroducono i diversi gruppi di FODMAP uno alla volta, monitorando la risposta dell’organismo. Questa fase permette di:

  • Identificare quali FODMAP causano disturbi;
  • Determinare le quantità tollerate per ciascun gruppo.

Ad esempio, si può testare la reazione al lattosio per alcuni giorni, poi passare al fruttosio, e così via.

3. Fase di Mantenimento Personalizzato

Una volta identificati i propri “trigger”, si costruisce una dieta personalizzata, bilanciata e sostenibile nel tempo. Il piano alimentare sarà:

  • Variegato, ricco di fibre e micronutrienti;
  • Limitato solo agli alimenti effettivamente non tollerati;
  • Adattabile a vita sociale, viaggi e quotidianità.

⏳ Quanto dura la dieta Low FODMAP?

La durata complessiva può variare, ma in genere:

  • La fase di eliminazione dura 2-6 settimane;
  • La fase di reintroduzione può durare altre 6-10 settimane;
  • La fase di mantenimento è a lungo termine, ma con meno restrizioni.

L’intero processo può durare 3-4 mesi, ma i benefici possono essere duraturi, migliorando significativamente la qualità della vita.


📝 Conclusioni

La dieta low FODMAP è uno strumento efficace per chi soffre di disturbi intestinali cronici. Se applicata correttamente e con la guida di un professionista, può portare a una notevole riduzione dei sintomi e a una maggiore consapevolezza alimentare.

📌 Hai bisogno di una guida personalizzata per iniziare una dieta low FODMAP? Contattami per una consulenza nutrizionale su misura.

Valuta il tuo stato metabolico

🧬 Come valutare lo stato metabolico prima di iniziare una dieta: esami utili e segnali da ascoltare

Cos’è lo stato metabolico e perché è importante?

Lo stato metabolico indica come il tuo organismo utilizza l’energia, regola i nutrienti, gestisce gli ormoni e reagisce allo stress e all’infiammazione.

Valutare il metabolismo è essenziale prima di intraprendere un percorso nutrizionale in quanto :
✅ permette di identificare squilibri nascosti
✅ aiuta a evitare diete inefficaci
✅ migliora i risultati nel lungo termine


Perché fare esami del sangue prima della dieta?

Molti pazienti, spesso, iniziano una dieta senza sapere davvero come funziona il proprio metabolismo. Questo è un errore molto comune, infatti, gli esami ematici offrono dati oggettivi e fondamentali per creare un piano alimentare efficace e personalizzato. Per tale motivo, è sempre bene fare prima una visita nutrizionale, con accurata anamnesi prima di effettuare gli esami.


Gli esami del sangue per valutare il metabolismo

1. Glicemia e insulina a digiuno

🔍 sono utili per capire come il corpo gestisce gli zuccheri.
📌 Indicati in caso di fame nervosa, resistenza insulinica, oltre che di PCOS.

2. Emoglobina glicata (HbA1c)

🔍 Mostra la media della glicemia negli ultimi 2-3 mesi.
📌 Fondamentale per valutare squilibri cronici.

3. Profilo lipidico completo

(Colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi)
🔍 Riflette il metabolismo dei grassi e il rischio cardiovascolare.
📌 Utile anche per valutare infiammazione sistemica.

4. TSH, FT3, FT4 (funzione tiroidea)

🔍 Gli ormoni tiroidei regolano il metabolismo basale.
📌 Tiroide lenta = metabolismo rallentato.

5. Cortisolo

🔍 Ormone dello stress, influenza grasso viscerale e fame.
📌 Stress elevato = maggiore difficoltà a perdere peso.

6. PCR (Proteina C Reattiva)

🔍 Marker dell’infiammazione cronica silente.
📌 L’infiammazione ostacola la risposta metabolica.

7. Ferritina, Vitamina D, Vitamina B12

🔍 Micronutrienti chiave per energia, metabolismo e ormoni.
📌 Carenze rallentano il metabolismo e peggiorano il benessere.


Sintomi di un metabolismo rallentato: come riconoscerli

Molte donne arrivano da me dicendo: “Mangio poco, ma non dimagrisco.” presentano inoltre tutti i sintomi di un metabolismo lento.


Ecco alcuni segnali di un metabolismo “bloccato”:

  • Gonfiore addominale
  • Fame continua o voglia di zuccheri
  • Stanchezza persistente
  • Difficoltà a dimagrire nonostante la dieta
  • Ciclo irregolare o acne ormonale
  • Umore instabile, insonnia

Se ti riconosci, il primo passo non è una dieta generica, ma una valutazione metabolica approfondita che ti consenta prima di sistemare gli squilibri metabolici, poi di perdere peso!


Perché scegliere un percorso nutrizionale personalizzato

Nel mio studio, ogni piano alimentare parte da una valutazione funzionale del metabolismo.
Analizzo quindi:

✔️ esami ematici
✔️ composizione corporea (massa magra, massa grassa, idratazione)
✔️ anamnesi clinica
✔️ stile di vita e abitudini

📈 L’obiettivo è quello di costruire una strategia nutrizionale efficace, sostenibile e su misura.

In conclusione, vi possono essere diverse cause che alterano il metabolismo, ogni persona è unica e merita un piano nutrizionale cucito su misura. Solo attraverso una visita accurata è possibile individuare la causa e trovare la giusta terapia alimentare .


💬 Nel mio studio, non prescrivo “diete preconfezionate” ma costruisco un percorso basato sul tuo stato metabolico, sul tuo stile di vita e sui tuoi obiettivi.


Vuoi iniziare un percorso nutrizionale su misura?

Prenota una consulenza: valuteremo insieme il tuo stato metabolico e costruiremo un piano realmente adatto a te.

📩 contattami i numeri: 339 70 67 085- 371 67 46 263

📍 Studio di Nutrizione e Dietoterapia Dr.ssa Rosanna Cangiano- via Stendhal 11, Napoli-Toledo

📍 Studio di Nutrizione e Dietoterapia Dr.ssa Rosanna Cangiano- Corso Europa 147 Marano di Napoli

INSULINO-RESISTENZA

QUANDO PERDERE PESO DIVENTA UNA SFIDA

Hai mai seguito una dieta con impegno, fatto attività fisica con costanza… e nonostante tutto, la bilancia si ostina a non scendere? Potrebbe non essere colpa tua. La causa potrebbe essere l’insulino-resistenza, una condizione sempre più comune, soprattutto tra le donne, che rende difficile dimagrire anche con i giusti sforzi.

COS’È L’INSULINO-RESISTENZA?

L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas, e la sua funzione principale è quella di aiutare il glucosio (zucchero) ad entrare nelle cellule, dove viene usato come energia. Possiamo immaginare l’insulina come una chiave, e la cellula come una porta con una serratura.

In una persona sana, la chiave (insulina) apre la porta (cellula) e il glucosio entra facilmente.

Ma in caso di insulino-resistenza, quella serratura si “inceppa”: la chiave non funziona più bene, la porta non si apre, e il glucosio resta nel sangue. Il corpo, per compensare, produce ancora più insulina, creando un circolo vizioso che può causare aumento di peso, fame costante, gonfiore, stanchezza e difficoltà a perdere grasso, soprattutto nella zona addominale.

I SINTOMI PIÙ COMUNI

  • Aumento di peso nonostante dieta e movimento
  • Gonfiore addominale e ritenzione idrica
  • Fame frequente, soprattutto di dolci o carboidrati
  • Stanchezza cronica
  • Difficoltà di concentrazione
  • Irregolarità mestruali

CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE

Se non trattata, l’insulino-resistenza può evolvere in diabete di tipo 2, sindrome metabolica, problemi cardiovascolari e squilibri ormonali. Ma la buona notizia è che può essere controllata e, in molti casi, invertita, soprattutto con un’alimentazione mirata.

STRATEGIE ALIMENTARI EFFICACI

Ecco alcuni principi fondamentali:

  • Ridurre zuccheri e carboidrati raffinati (pane bianco, dolci, bibite zuccherate)
  • Preferire carboidrati integrali e a basso indice glicemico (quinoa, legumi, avena)
  • Inserire proteine ad ogni pasto per rallentare l’assorbimento del glucosio
  • Aumentare il consumo di verdure fibrose (broccoli, cavolo, zucchine)
  • Non saltare i pasti: la regolarità aiuta a stabilizzare l’insulina
  • Valutare il digiuno intermittente sotto supervisione

SE TI RITROVI IN QUESTI SINTOMI, NON IGNORARLI

Non è solo una questione di forza di volontà. Se senti che il tuo corpo “non ti ascolta”, forse è il momento di cambiare approccio.

Vuoi capire se l’insulino-resistenza ti sta impedendo di perdere peso?

Contattami per una consulenza

Alimentazione Antinfiammatoria

Alimentazione Antinfiammatoria: La Chiave per il Benessere a Lungo Termine

L’alimentazione antinfiammatoria è un approccio nutrizionale volto a ridurre l’infiammazione cronica di basso grado, una condizione silenziosa ma insidiosa che può contribuire allo sviluppo di numerose malattie, tra cui diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, obesità, tiroidite, artrite e alcune forme di cancro.

Questa strategia alimentare si basa sull’assunzione di cibi ricchi di nutrienti antiossidanti, acidi grassi essenziali e fibre, capaci di modulare la risposta infiammatoria del corpo.

L’obiettivo dell’alimentazione antinfiammatoria non è solo curativo, ma anche preventivo: adottare questo stile alimentare significa fare una scelta consapevole per la salute a lungo termine, favorendo equilibrio, energia e benessere generale.

Alimentazione Antinfiammatoria e Tiroidite di Hashimoto: Un Supporto Naturale alla Salute della Tiroide

La tiroidite di Hashimoto è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca erroneamente la tiroide, compromettendone progressivamente la funzione. Sebbene la terapia farmacologica resti centrale nella gestione della patologia, l’alimentazione antinfiammatoria può offrire un supporto importante nel ridurre l’infiammazione sistemica, migliorare la qualità della vita e sostenere il benessere dell’organismo nel suo complesso.

Una dieta antinfiammatoria adatta a chi soffre di Hashimoto e conseguente ipotiroidismo, privilegia alimenti ricchi di antiossidanti, vitamine, minerali e grassi buoni. Frutta e verdura fresche, preferibilmente biologiche e di stagione, forniscono polifenoli e carotenoidi che aiutano a modulare la risposta immunitaria. In particolare, verdure a foglia verde, frutti rossi, carote, zucca e broccoli sono ottimi alleati.

Il pesce azzurro, ricco di omega-3, come salmone selvaggio, sgombro e sardine, contribuisce a contrastare l’infiammazione cronica. Anche l’olio extravergine d’oliva, l’avocado, i semi di lino e di chia sono ottime fonti di grassi antinfiammatori. Anche i cereali integrali, i legumi e le spezie come curcuma, zenzero e cannella giocano un ruolo importante, contribuendo al controllo della glicemia e supportando la flora intestinale, elemento chiave nella regolazione dell’infiammazione sistemica.

È consigliabile preferire cereali integrali naturalmente privi di glutine (come riso integrale, quinoa, grano saraceno e miglio), poiché in molte persone con Hashimoto il glutine può contribuire all’infiammazione intestinale, anche in assenza di celiachia. Anche i legumi, se ben tollerati, possono essere integrati gradualmente, in base alla sensibilità individuale.

Alcuni nutrienti chiave per la tiroide devono essere curati con attenzione: lo iodio, il selenio (presente in noci brasiliane e pesce), il ferro e la vitamina D sono fondamentali per il corretto funzionamento tiroideo e il bilanciamento immunitario.

Vanno invece evitati o fortemente limitati zuccheri raffinati, dolci industriali, farine bianche, alimenti ultraprocessati, carni lavorate e oli vegetali raffinati, tutti fattori che favoriscono l’infiammazione. In molti casi, può essere utile ridurre anche il consumo di latticini e soia, se sospettati di interferire con la funzione tiroidea o scatenare reazioni immunitarie.

Infine, un intestino in salute è un alleato prezioso: il consumo regolare di alimenti fermentati (come kefir, crauti non pastorizzati) o l’integrazione di probiotici può aiutare a riequilibrare il microbiota intestinale, spesso compromesso nelle malattie autoimmuni.

Hai la tiroidite di Hashimoto o sospetti un ipotiroidismo? L’alimentazione può fare davvero la differenza.
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